domenica 2 ottobre 2011

Assieme a una nuova vita nasce una possibilità di cura - DONA IL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE


Cos’è?

È il sangue che rimane nel cordone ombelicale e nella placenta dopo la recisione del cordone ombelicale alla nascita. Questo sangue, che normalmente viene scartato assieme alla placenta, è la terza fonte, dopo il midollo osseo e il sangue periferico (cioè il sangue circolante nei vasi sanguigni), di cellule staminali emopoietiche, cellule che generano i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine, utili alla cura di malattie del sangue e del sistema immunitario.

Perché?

Per aumentare le possibilità di cura delle persone affette da patologie trattabili solo attraverso un trapianto di cellule staminali emopoietiche. Il sangue cordonale viene principalmente utilizzato per curare bambini o adulti di basso peso poiché la quantità di cellule staminali che contiene è molto inferiore a quella presente nel midollo osseo e nel sangue periferico e quindi non sempre è sufficiente per un trapianto in persone che superano i 50 chilogrammi di peso.

Per quali malattie?

Malattie tumorali del sangue (es. leucemia e  linfomi - tumori del sistema linfatico;
patologie non tumorali come talassemia (malattia ereditaria del sangue), l’aplasia midollare (mancata produzione delle cellule del sangue);
immunodeficienze congenite (mal funzionamento del sistema immunitario che causa una maggiore predisposizione alle infezioni);
per curare persone sottoposte a chemioterapia o terapia radiante ad alte dosi.
Non ci sono invece evidenze scientifiche di provata efficacia sull’utilizzo del sangue cordonale per la cura di malattie croniche degenerative quali il diabete, il morbo di Alzheimer, la sclerosi laterale amiotrofica.

Chi può donare il sangue?

Le partorienti che, nel corso della gravidanza e sulla base del loro stato di salute, siano risultate idonee alla donazione.
Il Ministero della salute ha indicato alcune controindicazioni alla donazione che possono emergere al momento del parto e quindi rischiare di rendere non idoneo il sangue raccolto: la durata della gravidanza inferiore a 35 settimane, lo stato febbrile della puerpera al momento del parto, malformazioni congenite nel neonato, rottura delle membrane da più di 12 ore prima del parto.

Rischi?

La donazione non comporta rischi né per la mamma né per il neonato. Solo dopo aver reciso il cordone ombelicale viene prelevato il sangue contenuto al suo interno. La donazione non è quindi dolorosa e non si sono mai registrati casi in cui donare il sangue cordonale abbia causato problemi di salute alla madre o al neonato. La donazione non sottrae al bambino in alcun modo risorse di sangue: infatti, in assenza della donazione, il sangue contenuto nel cordone reciso viene smaltito.

Come donarlo?

Le donne che desiderano donare il sangue del cordone ombelicale possono rivolgersi al reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale in cui partoriranno per manifestare la propria volontà alla donazione. La donazione è anonima e gratuita. Le mamme potranno, comunque, anche al momento del parto, riconsiderare la loro decisione. L’iter prevede il colloquio della futura mamma con un medico, per verificare che sussistano tutte le condizioni di salute necessarie alla donazione. Al momento del parto viene eseguito un prelievo di sangue alla mamma per gli esami obbligatori per legge (test infettivologici). Tra i 6 e i 12 mesi dopo il parto, la mamma e il neonato verranno sottoposti ad ulteriori controlli, necessari a confermare definitivamente l’idoneità del sangue prelevato. In particolare per il bambino è prevista una visita pediatrica per escludere la presenza di patologie ereditarie, mentre la mamma sarà sottoposta nuovamente agli esami del sangue eseguiti al momento del parto.

Come avviene la donazione?

La donazione è possibile sia dopo un parto naturale che dopo un parto cesareo, dopo la recisione del cordone ombelicale,  e  richiede la presenza in sala parto di personale appositamente formato e competente. Per raccogliere il sangue del cordone si applica un sistema che garantisce la massima sterilità. E per conservare il sangue si utilizzano sacche sterili monouso. Ad ognuna di queste sacche viene applicata un’etichetta con un codice a barre per garantirne la tracciabilità. Questo sistema di raccolta permette di ottenere per ogni donazione una quantità di sangue compresa tra i 50 e i 150 millilitri. Se la raccolta è inferiore a 50 ml, la donazione non può essere utile ai fini del trapianto.

Cosa succede al sangue donato?

Il sangue raccolto viene consegnato entro 36 ore alla “banca regionale del sangue cordonale”, struttura del Servizio sanitario regionale che ha il compito di analizzare, conservare e distribuire le sacche di sangue cordonale; qui il sangue viene “tipizzato”, cioè ne vengono studiate le caratteristiche genetiche e viene determinata la compatibilità del sangue donato con l’eventuale destinatario del trapianto. In media, circa il 60% delle sacche di sangue raccolte vengono scartate perché non contengono una quantità di sangue tale da garantire un numero sufficiente di cellule staminali necessarie per il trapianto. In questi casi, le donatrici vengono informate per iscritto dello smaltimento del sangue donato. Le sacche valutate idonee per trapianto vengono congelate e conservate in azoto liquido anche per 20 anni. La banca del sangue cordonale detiene i dati genetici del sangue donato e li trasmette al registro nazionale (IBMDR- Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo) ed internazionale (WMDA – Associazione Mondiale Donatori di Midollo). In questi grandi database elettronici, su richiesta del centro trapianti che ha in cura un malato, si esegue la ricerca delle unità di sangue compatibili.

A chi è destinato questo?

Nel nostro Paese, la donazione del sangue cordonale più diffusa e consolidata è la donazione per trapianto allogenico non familiare. Si attua anche un altro tipo di donazione di sangue cordonale: quella per trapianto allogenico familiare, la così detta donazione dedicata, per curare un consanguineo del neonato (fratello, sorella…). Infine, è possibile la conservazione per uso autologo, cioè destinata ad un eventuale uso a favore del bambino stesso che lo ha donato, ma è vietata in Italia perché non è stata ancora dimostrata la sua reale utilità, né in base alle conoscenze scientifiche né in base alla pratica clinica.

Uso autologo: perché è vietato?

Per ottenere migliori risultati nella cura di malattie del sangue (come la leucemia) è infatti preferibile usare cellule provenienti da una persona diversa dal malato, perché in questo modo si accresce l’effetto immunologico delle cellule trapiantate e quindi la possibilità di successo del trapianto. È stato dimostrato, inoltre, che alterazioni genetiche tipiche di alcuni sottotipi di leucemie infantili erano già presenti nel cordone dei bambini che hanno successivamente sviluppato la malattia: in questo caso il trapianto autologo sarebbe del tutto inutile. La conservazione per l’utilizzo autologo del sangue cordonale non è dunque attualmente giustificata. Inoltre, riduce ulteriormente le probabilità di trovare un’unità di sangue compatibile per la cura dei malati: solo aumentando il numero di donazioni si accresce la probabilità di avere unità di sangue cordonale idonee al trapianto. La conservazione per uso autologo è possibile solo presso banche private che lavorano con finalità commerciali millantando indicazioni terapeutiche scientificamente non dimostrate. Per ottenere l’autorizzazione all’esportazione del sangue cordonale per conservazione autologa è necessario presentare una richiesta al Ministero della salute italiano e farsi carico delle spese di prelievo, trasporto e conservazione. In nessun caso la conservazione autologa del sangue cordonale, rappresenta una pratica preventiva. Anche nell’ambito della Medicina rigenerativa, le cellule staminali che vengono utilizzate dai ricercatori, necessarie alla rigenerazione di vari tessuti ed organi, sono quelle presenti nell’individuo stesso anche in età adulta.

A chi si può chiedere informazioni?

Al proprio ginecologo,  agli operatori dei reparti di ostetricia, agli operatori del servizio trasfusionale dell’ospedale dove si effettua la donazione e della “banca regionale del sangue cordonale”.  Gli ematologi e i pediatri esperti in trapianto di cellule staminali emopoietiche sono i medici a cui rivolgersi per informazioni cliniche più dettagliate.

Fonte: opuscolo del servizio sanitario regionale Emilia - Romagna in merito

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