lunedì 14 luglio 2014

Danno collaterale

Marika, 20, with newborn baby in Faizabad hospital. Badakhshan Province.
Photo by Paula Bronstein, Getty Images
Quindi parlò delle tradizioni tribali che accompagnavano il conflitto nella regione: la jirga che i gruppi belligeranti tenevano prima di fare una battaglia, per discutere quante perdite erano disposti ad accettare, dato che i vincitori erano tenuti a prendersi cura delle vedove e degli orfani dei nemici sconfitti.
«La gente in quella parte del mondo è abituata alla morte e alla violenza» affermò. «E se dite loro: "Ci spiace che tuo padre sia morto, ma è morto da martire perché l'Afghanistan potesse essere libero", e se offrite loro compensazione e onore per il sacrificio che hanno fatto, credo che la gente ci sosterrebbe, anche adesso. Ma la cosa peggiore è quella che stiamo facendo: ignorare le vittime. Chiamarli "danno collaterale" e non cercare nemmeno di contare il numero dei morti. Perché ignorarli significa negare che siano mai esistiti, e nel mondo islamico non c'è insulto peggiore. Per questo non saremo mai perdonati.»

Greg Mortenson e David Oliver Relin - Tre tazze di tè

Central Asia Institute

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